domenica 23 settembre 2007

Moondog..



Puo' capitare -come ha narrato Jean Ray nell'indescrivibile romanzo Malpertuis- che gli antichi dei pagani vengano a soggiornare sulla terra, e invecchino e muoiano senza che nessuno se ne accorga.
Ad andarsene questa volta e' stato Louis Hardin, nato a Marysville, Kansas, nel 1916 e noto negli States dalla fine degli anni '40 col nome di Moondog.
Personalita' talmente bizzarra ed anomala da destare velate riserve addirittura da parte del movimento "beat" americano, Moondog ha percorso instancabile per oltre vent'anni i marciapiedi di New York tra la Sixth Avenue e la Cinquantaduesima Strada paludato in una strabiliante, inconfondibile tenuta da vikingo completa di elmo cornuto, lancia e mantello, modulando le sue composizioni musicali con strumenti di fortuna e distribuendo poesie su volantini ciclostilati.
Cieco dall'adolescenza a causa di un incidente, Moondog ha trovato nella musica, nello studio meticoloso della composizione classica e contemporanea l'aiuto decisivo ad accettare e superare una menomazione cosi' grave, diplomandosi ben presto in violino, piano, organo e canto. Una forma forse esagerata di orgoglio lo ha pero' sempre isolato da gruppi, da comunita' culturali e dal sincero interessamento di musicisti anche illustri.
Nel 1974 il destino decide di farsi perdonare il tragico scherzo giocatogli in gioventu' ponendo sulla strada di Moondog, in Germania per una serie di concerti, la studentessa Ilona Goebel, di trent'anni piu' giovane, che diventera' sua agente, sua consulente musicale e sua compagna, e che lo convincera' a stabilirsi definitivamente in Europa.
Moondog ha una breve apparizione -nella parte di se' stesso- nel film Chappaqua di Conrad Rooks.
Janis Joplin ha inciso nell'album di esordio un suo brano, All Is Loneliness.
In onore a questo gande artista di strada, scelgo questo nome fittizio per il mio profilo nel blog.

Chi c’è al caffè Wha?



Notte di Blues nella moderna Gomorra, come sempre. New York, The Big Apple, una città ragnatela dicevano, in grado di spremerti e gettarti via come guscio vuoto, ma io non cercavo di capirla, la vivevo. Si, proprio così, la vivevo ogni notte, nel cuore del Greenwich Village, in uno di quei miserabili buchi senza nome stipati tra la Bleecker e la 3rd Street, a guadagnarmi da vivere gomito a gomito con gli altri musicisti da caffè.
Ognuno si inventava un modo tutto suo di tirare su quattrini, ma tutti facevamo girare il cappello tra il pubblico e a volte neanche quello. Un tale, un certo Richie Havens, che vestiva sempre con pantaloni larghi colore cachi, camicia sbottonata fino al petto e una grezza pelliccia di castoro si era messo d’accordo con una ragazza. Lui suonava e lei faceva girare il cappello. Gran donna lei; passava tra i clienti e ad ognuno offriva un sorriso. Vestiva con una camicetta molto sbottonata e sopra un cappotto, ma sembrava nuda dalla cintola in su. Per chi allungava qualche dollaro aveva sempre un modo grazioso di ringraziare con un occhiolino e una tirata su di spalle, ma per chi allungava le mani un ringraziamento speciale gli veniva dal buttafuori forzuto, alla porta.
Le stradine del Greenwich Village erano piene di quei locali. Erano minuscoli, rumorosi e affollati, proprio come piacciono a me. Le insegne luminose, quando c’erano, portavano il nome del proprietario o dell’artista di punta. Come quel club su MacDougal Street, il Cafè Wha? Una sorta di caverna sotterranea senza licenza per gli alcolici, male illuminata e dal soffitto basso. Lì, l’imperatore indiscusso e intoccabile era Freddy Neil. Un vero amico Freddy, molto gentile nei modi anche se non ti faceva mai una confidenza. Mi dava sempre qualche spicciolo dopo la mia esibizione, dicendomi: “Tieni, così starai lontano dai guai”.
Eravamo in molti a frequentare quel locale. Che nessuno mi fraintenda, li giravamo un po’ tutti, ma quello aveva qualcosa di speciale. Forse era per la gente che ci passava, non saprei.
Di solito apriva verso la mezza e chiudeva a notte fonda. C’erano due tipi di spettacoli, si potrebbe dire uno per i tipi giusti e l’altro per personaggi usciti “dall’Ora del Dilettante”, non so se mi spiego. Freddy era un tipo comprensivo, molto diplomatico. Cercava di accontentare tutti. Così, chiunque ne avesse avuto voglia, avrebbe potuto esibirsi con facilità, ma nel pomeriggio. Freddy li presentava e loro avevano quindici minuti per farsi valere. Comici di mala sorte, imitatori, ventriloqui, poeti, perfino un duo che cantava canzoni di Broadway e un prestigiatore con tanto di coniglio nel cappello, un tizio con un turbante che ipnotizzava cavie scelte tra il pubblico e un altro il cui unico talento consisteva nel fare acrobazie con i muscoli facciali. Non era esattamente roba che avrebbe cambiato il mondo dello spettacolo.
Il mio preferito era Billy, ma da tutti era conosciuto come il Macellaio, forse per la lunga cicatrice che gli solcava il volto dal lato sinistro, il lato buono diceva lui. Sapeva fare una sola canzone e ne era ossessionato. Di solito Fred gliela lasciava cantare di pomeriggio. Al pubblico non piaceva. Dicevano che sembrava uscito dal vicolo degli incubi, con il suo cappotto troppo stretto e abbottonato fin sul collo e quello sguardo omicida dei suoi occhi a palla, di chi aveva visto troppe cose brutte nella sua vita. Si diceva che era anche stato messo in camicia di forza una volta, ma nessuno sa per cosa. Quella canzone però: “High-Heel Sneakers” la cantava piuttosto bene.
Freddy dal canto suo suonava quando aveva l’ispirazione giusta o il locare era pieno di gente. Aveva una certa grazia nel portamento, vestiva in modo tradizionale, era accigliato, meditabondo e con uno sguardo enigmatico, la pelle color pesca, i capelli scomposti dai ricci e una voce baritonale forte e rabbiosa che intonava note blues sparandole dritte verso il soffitto. Da qualche tempo ad accompagnarlo con l’armonica c’è un tipo nuovo. Un certo Bob Dylan, ma in tutta sincerità non credo che quello sia il suo vero nome. Ha i capelli scompigliati peggio di Freddy, un viso da eterno giovane e un’aria da stronzo menefreghista che pensa d’essere già arrivato. Di solito indossa camice di flanella spessa e pantaloni troppo larghi. Credo venga dal Minnesota o giù di la.
Una volta abbiamo scambiato due chiacchiere; mi ha chiesto in quale altro locale nel Greenwich Village si può suonare. Non ci crederete, l’ho spedito in un posto su Times Square noto come “Hubert e il suo circo-museo delle pulci”. Che risate i ragazzi quando lo hanno saputo.
Io, dal canto mio, passo le giornate sui marciapiedi della 42nd Street, o nella cucina di Norbert. Un altro dei personaggi del locale. Ha una faccia carnosa e indurita peggio del suo grembiule coperto di macchie di pomodoro, guance rotonde e cicatrici sul volto come segni di artigli. Un romantico il vecchio Norbert, tutto sommato; mette da parte i soldi per andare a Verona a visitare la tomba di Romeo e Giulietta, ma passa la vita tra le pareti della cucina da dieci anni ormai, convito per giunta di piacere un mucchio alle donne.
No, io alle donne non ci penso. E poi chi ne ha il tempo? Sono troppo im
pegnato ad ululare i miei pazzi versi alla Luna. Qual è il mio nome? Che diamine gente è Moondog!

sabato 22 settembre 2007

40 Kilometri..

Quant'è la misura del tuo amore? La mia era di 40 kilometri.. 40 Kilometri! La strada che percorrevo ogni volta che volevo vederla; la distanza che il mio pensiero doveva attraversare per arrivare a lei.. 40 Kilometri. Non sono molti, ma neanche pochi. Ogni venerdì sera, uscivo dall'ufficio, tornavo a casa, mi lavavo, mi cambiavo e partivo. Sfrecciavo sulla tangenziale schivando famigliole che approfittavano del week and lungo per andare nella casa in campagna e camion che cercavano di arrivare a destinazione prima dell'alt della domenica.. Ma era per lei. Per vederla. Per parlarle. Per toccarla!
40 kilometri. Non erano molti, ma neanche pochi..

sabato 15 settembre 2007

Iniziamo..

Trentenne di bella presenza, alto, moro, atletico, professionalmente appagato, ma frustrato sentimentalmente dalla propria incapacità di trarsi fuori da situazione amorosa decisamente imbarazzante, cerca via di scampo da relazione asfissiante!
Temendo di rimanere inevitabilmente vittima della propria indecisione, cerca giovane donna, attraente, intelligente e molto decisa per urgente soccorso!
Ecco, questo sono io; un annuncio come quelli che potete trovare nei siti per single..
Perché proprio un annuncio? Perché è così che ho conosciuto Alessia. Un anno e mezzo fa..

Febbraio. Un mese tremendo da molti punti di vista. Freddo, buio, triste, soprattutto al nord dalle mie parti. Ma peggio di ogni cosa, proprio in Febbraio cade una festività temuta da tutti: San Valentino! Temuta da tutti, certo! Vedete, a San Valentino i fidanzati, per non fare la figura dei soliti pezzenti egoisti, si scervellano nell'organizzare qualche stupenda, indimenticabile serata da passare con la propria ragazza. Le ragazze da parte loro affollano centri estetici e pettinatrici; negozi di ogni tipo per prepararsi al grande evento.
I single invece a San Valentino si sentono molto, molto più soli! Sarà per il clima del mese, per il fatto che le coppiette siano tanto indaffarate, ma sta di fatto che questo è l'unico periodo dell'anno a far decadere ogni valido, razionale, motivo per essere single. Single per scelta intendo! In questo periodo ci si inizia a chiedere se la scelta sia stata quella giusta.
Ci si domanda se la vita di coppia infondo non sia il fine ultimo a cui aspirare, come vi dice sempre vostro padre. Insomma ci si interroga su quale cazzo di motivo vi ha spinto a dire alla vostra ex l'estate prima: "Vedi tesoro, il nostro rapporto è diventato sterile ultimamente. Pura routine. Forse dovremmo concederci del tempo.." Questo mentre vi aggirate soli per le strade della vostra città facendo finta di non guardare con invidia le coppiette abbracciate che passeggiano con sguardo ebete intorno a voi.

Così, mentre perdevo tempo in ufficio navigando su internet, mi imbatto in una chat per incontri. Ora come ora, le trovo abbastanza squallide; ma all'epoca la cosa mi attrasse.. e come me attraeva ogni singola donna rimasta sola nel periodo dell'anno sentimentalmente peggiore!
Non ricordo come fosse l'annuncio che usai.. ma pochi giorni dopo entrai in contatto con una ragazza. Ci scambiammo messaggi; le feci vedere una mia foto e poi, il venerdì successivo, proprio mentre mi approssimavo a scappare dall'ufficio, mi arrivò un messaggio. Bhe, difficile credere che una mail possa cambiarti la vita.. ma quella suonava più o meno così: "Ho visto la tua foto. Sembri proprio il mio tipo. Incontriamoci subito!" Seguì il numero di cellulare. Il giorno dopo presi la mia macchina e la andai a trovare.
Mi ero già messo d’accordo con un'amica per farmi chiamare al cellulare un paio di ore dopo, giusto il tempo di conoscerla e avere una buona scusa per scappare via. Ma rimasi così folgorato da quell'incontro che non sentii affatto la chiamata della mia amica, ne le altre quattro successive..
Cristina continuava a chiamarmi preoccupatissima. Ma io rimasi con Alessia tutto il tempo, senza pensare ad altro, incapace di staccarmi da lei e lei da me. Rientrai a casa alle quattro del mattino dopo e fui tirato giù dal letto verso la mezza da Cristina che veniva a svegliarmi.
Ricordo di averle raccontato che avevo finalmente incontrato la donna della mia vita. Lei mi guardava con uno sguardo che la diceva lunga su quello che pensava realmente, ma non disse nulla. Io, dal canto mio, non me ne accorsi neanche sul momento.. ero ormai entrato a far parte a buon diritto nella schiera delle coppiette ebeti che vagavano per la città.

continua..